Nel secolo scorso, anche Catherine Kousmine è probabilmente stata ispirata dalle ricerche di Ragnar Berg: uno dei pilastri del suo famoso Metodo è l’equilibrio acido-base dell’organismo.
Va però ricordato che oltre all’ alimentazione esistono altri fattori in grado di influenzare il pH neutro o leggermente basico dei nostri fluidi corporei: attività fisica, stress, insonnia, per esempio, attivano dei processi metabolici che “spingono” verso l’acidosi.
Ma giacché il sangue tollera solo minime oscillazioni del pH, nel nostro corpo esistono svariati sistemi di difesa, chiamati tampone, in grado di ripristinare il corretto pH e garantire la corretta funzionalità delle funzioni corporee. Nella saliva, per esempio, il valore del pH è compreso tra 8,8 e 7,6, mentre nello stomaco il pH è notoriamente molto acido con valori che vanno dall’1 al 2. Al contrario la bile, prodotta dal fegato e utile per la digestione dei grassi, ha un pH basico, come d’altra volta il duodeno, tra 7,35 e 7,45. Una curiosità: nel grembo materno, il feto cresce per nove mesi in un ambiente alcalino con un pH 8.
Per fortuna i sistemi tampone funzionano bene (anche a scapito di apparati come quello osseo che può essere indotto a liberare nel sangue sali basici di calcio, favorendo alla lunga l’osteoporosi) e solo in casi eccezionali si arriva a condizioni molto gravi di iperacidosi o di alcalosi causate da gravi alterazioni metaboliche, come la chetoacidosi diabetica.
Tornando all’alimentazione, l’interessante approccio proposto da Sabine Wacker, naturopata e nutrizionista tedesca, insieme a suo marito medico, è che l’assunzione di una buona dose di alimenti alcalinizzanti può aiutare in modo naturale a perdere peso.
15 giorni per depurarsi
Alla base di questo approccio troviamo il consiglio di seguire per un periodo di 1-2 settimane, che eccezionalmente può arrivare a 6, una dieta a base di alimenti ad azione alcalinizzante escludendo del tutto qualsiasi cibo con effetto acidificante. Passato questo tempo, si dovrà comunque mantenere uno stile alimentare nel quale gli alimenti alcalinizzanti siano presenti in percentuale maggiore (circa l’80%) rispetto agli altri e che, magari, contempli regolarmente (per esempio una volta alla settimana) delle giornate interamente alcalinizzanti. Si tratta quindi di un tipo di dieta che appare ideale da seguire un paio di volte all’anno, quando esce da periodi di “sovraccarico” alimentare come quello natalizio o pasquale, oppure per preparare l’organismo ai cambi di stagione. O anche, ovviamente, quando le condizioni generali di salute fanno sospettare un’acidosi cronica.
Un menù basico e di stagione
L’esempio di una giornata alimentare invernale impostata secondi i criteri della dieta acido-base Spuntino: Frutta al naturale o centrifugato di verdure
Spuntino: Olive o una manciatina di semi
Colazione: Muesli con pere a fettine, scaglie di mandorle, uvetta, il succo di un mandarancio
Pranzo: Insalata con mele, noci fresche, cavolo rosso, crescione, prezzemolo, olio e succo di limone.
Cena: Vellutata calda di sedano Minestra calda di patate dolci, rape e porri stufati.
Padellata di bieta con cipollotti e sesamo
Riposare male, sentirsi stanchi e gonfi, avere un colorito spento, la pelle secca, i capelli opachi, le unghie rigate, la lingua “sporca” possono essere dei campanelli d’allarme. Nella medicina naturale, per valutare un tendenza all’iperacidificazione (sempre nei limiti fisiologici) si ricorre alla misurazione, prima e dopo i pasti, del pH urinario per mezzo di cartine tornasole. Ricordiamo, infatti, che durante la giornata, questo valore sale e scende più volte (è più acido prima dei pasti) rispetto al valore medio normale che è di 6,8. Secondo Sabine Wacker, già dopo qualche giorno dall’astinenza totale di alimenti acidificanti, grazie allo smaltimento delle scorie acide si avverte un maggiore benessere fisico e mentale, l’aspetto generale migliora, si digerisce meglio e ci si sgonfia decisamente.
Cibi sì, cibi no
Come già ricordato, i 3 macronutrienti della nostra alimentazione, ossia carboidrati, proteine e grassi, durante la loro digestione producono delle sostanze finali.
Queste sono di natura acida nel caso dei carboidrati (anidride carbonica) e delle proteine, ricche di aminoacidi solforati che durante i processi di digestione producono composti azotati. I grassi, specie quelli di origine vegetali e spremuti a freddo, sostanzialmente sono neutri. Va subito specificato che sarebbe sbagliato considerare come alimenti dannosi o poco salutari tutti gli alimenti acidificanti: come sempre nella nutrizione, è tutta una questione di equilibrio. Molto meglio seguire una dieta variata e con porzioni sensate piuttosto che criminalizzare qualsiasi tipo di alimento.
Ma quali sono le principali categorie di “acidificanti” nel piatto che la dieta proposta dalla Wacker invita a bandire per qualche giorno? Ovviamente si parte dagli alimenti proteici di origine animale, quindi carne, pesce, formaggi, uova (albume in particolare), e di origine vegetale, ossia i legumi con l’unica eccezione rappresentata dai piselli freschi. Seguono i cibi caratterizzati dai carboidrati e quindi i cereali, buone fonti, inoltre, di proteine solforate acidificanti. Che siano raffinati o integrali sono comunque da evitare. Da ricordare che i cereali meno acidificanti sono i virtuosi miglio e quinoa (che in effetti è uno pseudocereale), il cui consumo abituale è quindi consigliato (magari dopo qualche giorno di dieta “stretta”). Se i cereali sono off-limits, i loro germogli sono però concessi e, anzi, raccomandati, come in tutti i regimi vegetariani: 0,4 cl di centrifuga di germogli di grano alti 10 cm (la cosiddetta erba di grano), per esempio, è un vero e proprio concentrato di vitamine e minerali che supera abbondantemente il fabbisogno quotidiano di vitamina C, B12, acido folico e di minerali quali selenio o ferro.
Tornando agli alimenti ad azione acidificante, troviamo tutti i dolci e gli alimenti zuccherini, compreso il miele e altri dolcificanti naturali. Se gli oli di semi ottenuti tramite spremitura sono concessi, l’autrice esclude grassi animali come burro, panna e tuorlo d’uovo, sebbene debolmente acidificanti, a causa dell’apporto proteico, e quelli vegetali ottenuti da lavorazioni industriali (vedi margarine e oli raffinati). E se l’aceto (basta il nome) è ovviamente un acidificante, forse non tutti sanno che lo sono anche il caffè (normale o d’orzo), i vari tipi di tè (nero, verde, bianco, alla frutta, rosso), le bevande addizionate di anidride carbonica (acidificante), acqua frizzante compresa e le bevande alcoliche. Infine un altro gruppo da limitare è quello della frutta secca oleosa: solo le noci fresche e le mandorle sono permesse.
Come si può facilmente ricavare andando per esclusione, gli alimenti alcalinizzanti, tranne poche eccezioni, sono praticamente tutti gli ortaggi, i funghi, i frutti maturi (freschi o essiccati senza additivi aggiunti) e i semi, dal sesamo al lino, dalla zucca al girasole. Tra le verdure, sono controindicanti solo i carciofi, gli asparagi e i cavolini di Bruxelles. Le patate, grazie al loro contenuto notevole di potassio, sono considerate tra le più efficaci per la loro azione alcalinizzante. Dal punto di vista nutrizionale, perciò, inserirle al posto dei cereali, a rotazione con altri tuberi durante i pasti, consente quell’apporto di energia necessaria che regala una buona sazietà. Anche le olive, a condizione che non vengano trattate e colorate come può avvenire per quelle nere, sono molto consigliate e rappresentano uno sfizioso snack salato.
All’insegna del verde
La giornata alimentare viene così organizzata: a colazione una tazza con frutta mista, arricchita con mandorle o noci fresche o con semi di lino (o altri a piacere); uno spuntino a base di frutta al naturale o centrifugati di verdure; i pasti principali sono composti da una ricca insalata di verdure (crude a pranzo e preferibilmente cotte, quindi più digeribili, a cena). Gli ortaggi devono rappresentare l’80% e la frutta il 20% dell’apporto quotidiano. In linea generale, i cibi più impegnativi da digerire, come gli ortaggi crudi o la frutta oleosa, vengono consigliati nella prima parte della giornata. Per consentire una migliore digestione si consiglia, quando possibile, di cenare presto: come è noto l’efficienza dell’apparato gastrointestinale diminuisce dalle 6 di pomeriggio in poi. Infine, fondamentale è l’apporto di liquidi: senza l’acqua ogni processo depurativo è destinato a fallire. Sono raccomandati 2-3 litri di acqua oligominerale (meglio di montagna) anche sotto forma di leggeri infusi caldi non dolcificati. Trattandosi di un regime alimentare certamente salutare, ma che può sembrare difficile e insolito, l’autrice consiglia di procedere gradualmente, iniziando a ridurre le dosi di caffè e alimenti acidificanti, aumentando al contempo verdure e frutta. Dopo qualche giorno di preparazione l’organismo sarà così pronto per affrontare al meglio la dieta alcalinizzante.
Liberamente tratto da “l’Erborista”, gennaio 2010, edizione “tecniche nuove”.